Manga Tribute – USHIO e TORA

USHIO E TORA COVER

Ci sono storie dalla gloria imperitura e ce ne sono altre destinate all’oblio una volta concluse. Poi ci sono quelle storie che ti restano nel cuore e vi rimangono nascoste anche per decenni proprio lì, vicino ai ricordi spensierati degli anni delle superiori, delle stupidaggini fatte in nome di cotte più o meno importanti e dei vecchi amici, quelli con cui sei cresciuto. E mettersi a rileggere Ushio e Tora, a così tanti anni di distanza, è stato proprio come ritrovare dei vecchi amici. Di quelli che non vedi da una vita ma di cui conservi solo ricordi belli.
Rileggere il manga e parlarne era una cosa che volevo fare da tanto ed ora, complice la serie animata che partirà il prossimo 3 luglio in Giappone, mi sono finalmente preso tutto il tempo necessario a ripercorrere le varie tappe di quest’avvincente racconto.

Tutto inizia quando Ushio Aotsuki, figlio appena tredicenne di un monaco responsabile del tempio buddhista di Fugen-In, a Tokyo, decide di curiosare in uno scantinato dello stesso, trovandovi all’interno la “Lancia della Bestia”, prodigiosa arma creata per abbattere gli esseri sovrannaturali. Conficcata in una parete, la lancia tiene inchiodato, da ben 500 anni, un feroce mostro che Ushio sarà costretto a liberare e a cui metterà nome “Tora”. Di qui, mescolando sapientemente azione, atmosfere horror, comicità e sentimenti, Kazuhiro Fujita, l’autore del manga, ci trascinerà in un lunghissimo viaggio in cui faremo la conoscenza di tantissimi personaggi, ognuno con la propria storia da raccontare e tutti tremendamente “vivi” e capaci di rubare spesso la scena ai protagonisti principali.
Sì, perché Ushio e Tora non è solo l’avventura di un’improbabile coppia di eroi, ma anche un’opera corale come poche, un grandioso mosaico composto da tanti piccoli tasselli fatti di storie emozionanti e personaggi memorabili. Eccone soltanto alcuni (cliccate sulle immagini per leggere le brevi descrizioni).

Non entro volutamente nel merito della trama perché non voglio togliere il piacere della scoperta a chi deciderà di recuperarlo, invogliato magari proprio da questo breve tributo, ma di certo posso dire che, come tutti i grandi capolavori, Ushio e Tora è invecchiato bene, anzi, si può dire che non è invecchiato affatto. Rileggerlo dopo così tanto tempo suscita ancora le stesse emozioni della prima volta e non si può fare a meno di restare incollati alle pagine e divorarlo volume dopo volume. Sicuramente alcuni “ammiccamenti” elargiti dall’autore, grazie alla folta presenza di figure femminili, fanno tenerezza se paragonati allo sfacciato fanservice dei manga odierni ma, a mio modesto parere, questa è più una nota di merito che un punto a sfavore. La cosa più importante, comunque, è che nonostante sia una serie anche piuttosto lunga, non ha mai un momento di stanca. Non esistono parti “deboli” o che appesantiscono l’esperienza della lettura, tutto segue un ritmo ben preciso fino alla fine, quando il viaggio giunge al termine e se ne vorrebbe ancora.

fujita nowKazuhiro Fujita

Nato il 24 maggio 1964 ad Asahikawa, in Giappone, debutta nel 1988 con Renraku-sen Kitan, racconto che vede come protagonista Sho Kutsuna, un ragazzo impegnato a combattere contro i mostri, e che gli permette di vincere il 22° concorso per esordienti indetto da Shogakukan. L’anno seguente, nel 1989, sulla falsariga del precedente lavoro, vince di nuovo con il primo episodio di Ushio e Tora, opera che segnerà per sempre la sua carriera. Autoironico e dotato di grande talento, è conosciuto in Italia anche per Karakuri Circus (Goen) e Moonlight Act (J-Pop).

In Giappone, il manga è stato originariamente serializzato tra il 1990 ed il 1996 sulla rivista Shonen Sunday di Shogakukan, ottenendo un grande successo, per poi essere raccolto in ben 34 tankobon. In Italia è stata la gloriosa Granata Press a portare Ushio e Tora nelle edicole per la prima volta, anche se la prematura dipartita della casa editrice ci ha poi costretti ad attendere che fosse la Star Comics a raccoglierne l’eredità e a completare l’opera. Da allora, nonostante le numerose richieste degli appassionati, il ragazzo e la bestia non hanno più fatto capolino nelle edicole e nelle fumetterie nostrane, divenendo di fatto una di quelle leggende che noi “veterani”, che eravamo al fronte negli anni della prima invasione dei manga, amiamo tirar fuori con gli occhi quasi lucidi quando ci riuniamo tra simili nei nostri racconti attorno al fuoco. Probabilmente la causa è da ricercarsi anche nel fatto che Ushio e Tora non ha mai avuto una trasposizione animata degna di questo nome. All’epoca, infatti, in Giappone vennero prodotti soltanto alcuni OAV che ripercorrevano i primi episodi del manga, fermandosi quindi ben prima che la storia entrasse davvero nel vivo. Come dicevo in apertura, però, la situazione finalmente pare essere cambiata e, dopo tanti anni di attesa, è giunto il momento di un vero adattamento animato per i nostri eroi.

Stando a quanto dichiara lo stesso Fujita, coinvolto nel progetto, nei 39 episodi che la compongono, la serie si concentrerà principalmente sugli eventi legati alla Maschera Bianca, fino all’epico scontro finale,  rispettando il ritmo e l’atmosfera del manga originale ma evitando “distrazioni” rispetto a questa storyline. Detto in soldoni, l’anime sarà un “riassunto” del manga. Un riassunto che lascerà fuori molti (forse anche troppi) di quei personaggi e di quelle storie che hanno contribuito a rendere mitica quest’opera. Resta la speranza che ciò eventualmente mancherà nella versione televisiva venga in qualche modo recuperato con degli special o degli OAV (è troppo sperare anche in qualcosa di cinematografico?) ma, per il momento, posso dire solo che le aspettative sono tante e che sia il trailer che il character design sembrano promettere bene, quindi teniamo le dita incrociate e speriamo che tutto vada per il meglio.

anime

In conclusione che altro posso aggiungere? Beh, sicuramente che Ushio e Tora è uno di quei fumetti imprescindibili per chiunque, non solo per gli appassionati del made in Japan. Non dovrebbe quindi mancare tra le vostre letture e meriterebbe finalmente una riedizione da parte di Star Comics che, per una politica interna della Shogakukan, ne detiene i diritti in Italia vita natural durante.


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Luigi Bernardi, il pioniere dei manga

luigi bernardi

Un anno fa, il 16 ottobre 2013, si spegneva, dopo una lunga malattia, il grande Luigi Bernardi.

In molti lo ricordano come scrittore, intellettuale, saggista, traduttore, drammaturgo e, soprattutto, editore. Difatti, noi appassionati delle produzioni made in Japan abbiamo un grandissimo debito di riconoscenza verso quest’uomo: E’ stato lui, con la sua mitica Granata Press nei primi anni ’90, il pioniere dell’invasione dei manga nella nostra penisola.

Quelli che mi conoscono bene sanno che non l’ho mai fatto. Forse giusto qualche commento, ma non mi sono mai sentito di dover dedicare un lungo post alla memoria di una persona scomparsa. Per tanti motivi, molti dei quali saranno ovvi a chi, come me, ha sempre avuto una forma di profondo rispetto verso tali circostanze. Quel tipo di rispetto che ti porta a non sapere cosa dire, perché temi che ogni cosa che dirai, per quante siano buone le intenzioni, apparirà banale e scontata.
E in effetti, sempre per lo stesso motivo, questo post era rimasto nel cassetto fin dall’anno scorso. L’avevo scritto, pensando e ripensando, chiedendomi se fosse opportuno o meno, ma nel frattempo son passati i giorni. Giorni che poi sono diventati mesi. Allora ho deciso di attendere. E mentre attendevo di pubblicarlo, ad un anno dalla sua morte, mi sono convinto infine che sì, a Luigi glie lo dovevo in fondo in fondo. Perché anche se non ho mai avuto l’onore di conoscerlo personalmente, le sue qualità trasparivano attraverso il suo lavoro e attraverso quegli editoriali che aprivano ogni numero di Mangazine, la mia preferita tra le riviste ammiraglie di Granata Press.
Perché, giusto per citare un esempio a caso preso dal numero 21, dove lo trovate un editore, oggi, che invece di accampare scuse e fare il solito scaricabarile sui giapponesi, vi scrive “… non siamo ancora riusciti ad organizzare un settore video credibile…” ? Così, diretto proprio. E il problema non riguardava la qualità del prodotto, comunque altissima per l’epoca, bensì il livello organizzativo dei tempi di realizzazione. E in chiusura, chiedeva non solo scusa ai fan, ma diceva: “… speriamo che sia l’ultima volta che dobbiamo approfittare della vostra pazienza.”
Tanto di cappello. Ma veramente. E non mi metto a fare altri paragoni, perché tanti, troppi editori odierni ne uscirebbero con le ossa rotte.

Il punto è che Bernardi, con Granata Press, ci ha cresciuti un po’ tutti. Quanti, partendo dai semplici fan, passando per i blogger fino ad arrivare agli addetti ai lavori di oggi, sono partiti da lì? La giusta terminologia, i redazionali, gli approfondimenti… tante cose che ci hanno aiutato a scoprire e comprendere meglio quello che andavamo a leggere. Non mi sono mai fatto problemi a dire che quelle pubblicazioni restano il mio punto di riferimento per quello che riguarda il modo di presentare gli argomenti di cui parlo nel sito. Non posso quindi dimenticare chi, anche inconsapevolmente, mi ha aiutato a crescere. Mai come in questo caso però, le immagini possono evocare ricordi che valgono più di mille parole. Ecco  quindi un piccolo ma significativo assaggio di quegli anni…

La Granata Press nei ricordi Luigi Bernardi

luigi bernardi 2“Lavoravo ancora alla Glénat Italia quando mi capitò tra le mani il primo manga da giudicare in chiave professionale. Si trattava del primo numero pubblicato negli Stati Uniti dalla Marvel del serial Akira, di Katsuhiro Otomo. All’editore francese, che aveva filiali in Spagna e in Italia, era stato offerto di tradurlo in Europa, nelle tre lingue. Io dirigevo la filiale italiana e diedi immediato parere positivo: il prodotto era bello, e poi pensavo che la nuova generazione di lettori di fumetti, quella cresciuta abbuffandosi di serial televisivi giapponesi, doveva essere pronta a recepire i manga. Due anni dopo, quando si cominciò a ipotizzare Granata Press, quel pensiero mi tornò alla mente. La costituenda casa editrice avrebbe fatto della pubblicazione di manga una delle proprie strategie. Il progetto di pubblicare i manga si sviluppò in due linee editoriali, contigue eppure sostanzialmente differenziate.  Entrambe avevano come battistrada una rivista antologica che presentava anche articoli, approfondimenti, notiziari e colloqui con i lettori. Zero fu la staffetta della linea Z, dedicata alle proposte di taglio fantascientifico, aggressivo e ipertecnologico. Mangazine, invece, insieme a tutta la linea Manga, offriva una visione più ampia della produzione giapponese, anche in chiave storica. L’idea e la realizzazione risultarono complementari, ed entrambe vincenti. Zero è stata la prima rivista di fumetti giapponesi pubblicata in occidente. Nelle sue pagine si sono alternati serial di indubbio impatto come Ken il guerriero e Patlabor, che in seguito si sono guadagnati testate autonome. Zero è inoltre stata la prima pubblicazione europea a pubblicare opere di Masamune Shirow e di Kia Asamiya, due mangaka destinati a un successo planetario. Qualche mese dopo uscì il primo numero di Mangazine, che prese lo stesso nome di una fanzine prodotta da quattro appassionati (Andrea Baricordi, Massimiliano De Giovanni, Andrea Pietroni e Barbara Rossi) che nel frattempo erano entrati nello staff della casa editrice.
Mangazine si caratterizzò per i servizi redazionali che offrivano una panoramica completa dell’attualità del fumetto giapponese, oltre a recuperare storicamente autori e serial del passato. Anche i manga pubblicati sulla rivista avevano un taglio meno specifico di quelli di Zero, su tutti il divertentissimo Lamù di Rumiko Takahashi.
In Granata valeva il principio di soddisfare ogni curiosità. Se i fumetti giapponesi “tiravano”, ecco che l’idea di pubblicare videocassette con i disegni animati degli stessi personaggi diventava un progetto da realizzare. Nessuno di noi, aldilà della duplicazione domestica, sapeva come si realizzassero delle videocassette. Imparammo in fretta. L’ufficio si riempì di enormi “cartuccioni” Ampex. Stabilimmo rapporti con la Siae, che cambiava regolamento ogni volta che andavamo a ritirare i bollini. Cominciammo a frequentare festival specializzati, a Milano e a Cannes, ogni volta acquistavamo diritti importanti. Ci affidammo a distributori “forti”, la Ricordi prima, la Bmg dopo, finimmo in un gioco di multinazionali che non poteva non stritolarci…”

(altri ricordi sull’intera produzione Granata Press li potete trovare cliccando qui)

Non solo manga

Come già accennato, Granata Press non era soltanto sinonimo di manga. Ben presto il suo catalogo iniziò a comprendere serie e film d’animazione di grosso calibro: Ken il guerriero, I Cavalieri dello Zodiaco, Maison Ikkoku, Ranma 1/2, Devilman, Giant Robot, Alita, Il vento dell’amnesia… sono solo alcuni dei titoli pubblicati in videocassetta dall’editore, che anche in questo caso è riuscito ad equilibrare nomi di richiamo a produzioni del tutto inedite ma di grande qualità.

Foto scattate da Francesco Di Sanzo con alcune delle produzioni realizzate in Granata Press

Dicono di lui…

Luigi Bernardi viene ricordato da tutti per la sua onestà e la sua lungimiranza, oltre che per la grande cultura. Inizialmente, tra i vari dubbi ricorrenti nello stendere l’articolo, vi era quello di sentirmi un po’ ipocrita a parlare di una persona che non avevo mai incontrato. Mi è sembrato giusto, quindi, andare a raccogliere  i pensieri di chi l’ha conosciuto da vicino, in modo da dare risalto alla persona vera e propria, oltre che al professionista.


“Chi non bazzica il mondo dell’editoria forse non sa chi è (anzi, chi era), mentre la maggior parte di quelli che lo bazzicano (specie il mondo del fumetto) probabilmente non lo ha mai capito. Potrei raccontare milioni di aneddoti personali su Luigi. Ne accenno brevemente solo due. Mi chiese di collaborare alle sue riviste in una lontana Lucca, dopo aver letto un mio articolo in cui lo criticavo duramente. Un esempio di intelligenza mai più riscontrato in altri addetti ai lavori.
Quando la Granata Press stava chiudendo, e lui era rimasto solo in un magazzino con i resi, non avevo il coraggio di chiedergli gli ultimi soldi che mi doveva per alcuni articoli, ma Luigi staccò un assegno e me lo porse dicendo “sono gli ultimi”. È stato un grande editore, ma, almeno per quel che mi riguarda, anche una grande persona, nei confronti della quale ho un gigantesco debito di riconoscenza. Un debito che, purtroppo, non potrò mai saldare.”

Davide Castellazzi


“Come rendere omaggio a Luigi Bernardi? Si puo’ dire che sia l’unico nel mondo dei fumetti ad averla sempre vista giusta su tutto… Per questo lo ricorderò sempre.”

Andrea Pietroni


“Nel ricordare Luigi, ritrovo tantissime emozioni diverse… È stato una figura per me fondamentale dal punto di vista professionale, perché con la burbera benevolenza con cui aveva accolto noi ‘kaotici’ nella famiglia Granata, ha guidato la nostra maturazione da fanzinari a ‘veri’ editori e redattori. Ma anche umanamente, con quel suo misto di utopia e cinismo, scontrosità e simpatia, allegrie e tristezze, è stato un uomo come pochi. Luigi ha dato tanto al mondo dell’ editoria italiana, non solo per quello che ha realizzato, ma per l’eredità che ha lasciato nel cuore e nella professionalità dei tanti che ha accolto in quelle stanze di Corso Marconi.”

Roberto Di Meglio


Devo dire c’è stato anche chi non si è sentito di lasciare un suo pensiero pubblico, ma non perché non avesse niente da dire, anzi, nella chiacchierata che abbiamo avuto in privato ne sono emerse di cose positive. Come dicevo in apertura, per quanto siano buone le intenzioni, non sempre riusciamo ad esprimere a parole quello che abbiamo dentro. Ringrazio comunque questa persona per essersi aperta ed avermi ulteriormente confermato il valore di Luigi Bernardi come essere umano. 🙂

Intervista a Davide Castellazzi

Sull’onda della nostalgia sono andato a “rompere la scatole” a Davide Castellazzi, professionista indiscusso che contribuisce dai primissimi anni ’90 al mondo dell’editoria italiana in ambito manga e ha scritto anche diversi libri in merito. E’ stata l’occasione non solo per parlare (anche se molto limitatamente) di Ken, ma soprattutto per un bel tuffo nel passato, ai tempi della Granata Press e del boom delle produzioni made in Japan nel nostro Paese. Il risultato è una bella ed interessantissima intervista che da un lato chiarisce molti aspetti spesso ignorati dalla maggior parte dei fan di anime e manga e dall’altro mette in luce degli aspetti purtroppo negativi che dominano tale settore nel nostro paese.

Buona lettura!

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