Kenshiro e la Divina Scuola di Hokuto – Trent’anni di battaglie e mito

Oggi sono trent’anni esatti dall’inizio delle avventure editoriali di Kenshiro, il mitico erede della Divina Scuola di Hokuto. Come i fan più accaniti ben sanno, Hokuto No Ken nasce infatti inizialmente come episodio autoconclusivo sulle pagine di Fresh Jumpフレッシュジャンプ』proprio il 1° aprile 1983. Nobuhiko Horie, mitico editor della Shueisha, decide di investire su un promettente giovane della sua scuderia, un ragazzo dal grande potenziale che, reduce dai risultati non proprio esaltanti dei suoi precedenti incarichi, non è ancora riuscito a dimostrare di cosa è realmente capace: Tetsuo Hara.
Pare che il giovane abbia infatti intenzione di realizzare un manga su un guerriero di arti marziali. Niente di originale in verità: diverse sono le opere, cartacee e animate, che fino a quel momento hanno narrato di samurai, ninja e maestri di arti marziali. Horie, che fesso non è, capisce subito che l’idea ha bisogno di una marcia in più, quel qualcosa che possa distinguerla dalla massa. È in quel momento che propone ad Hara di dotare il nuovo protagonista di un’arte marziale capace di far esplodere i nemici dall’interno…

Volumi Fresh Jump aprile e giugno 1983

Fresh Jump di aprile e giugno 1983

Egli crea quindi l’Hokuto Shinken, l’arte marziale assassina definitiva, tecnica tanto temibile da poter essere trasmessa ad un solo successore per ogni generazione, mentre Hara crea Kenshiro, “erede della tecnica mortale”.

Ma è davvero possibile che questi due elementi siano riusciti, da soli, ad innescare una reazione a catena tale da generare un mito amato in tutto il mondo, anche nei paesi in cui manga e anime non sono mai approdati ufficialmente o sono stati pubblicati in maniera parziale?

Antenati illustri

Il concetto di base è in realtà semplice e può essere facilmente compreso in ogni angolo del globo, ovvero il rapporto tra la figura dell’eroe classico e la sua spada. Se, infatti, in Giappone la spada di un samurai è tradizionalmente ammantata di tale e tanta sacralità da essere considerata la sua stessa anima, noi occidentali non possiamo pensare a King Arthur senza la leggendaria Excalibur o Elric di Melnibonè senza Stormbringer. Questo rapporto di interdipendenza, di “fusione”, tra l’eroe e la sua arma, lo ritroviamo allo stesso identico modo nel rapporto tra Kenshiro e l’Hokuto Shinken: sono le due facce della stessa medaglia, non può esistere l’uno se non esiste anche l’altro. Quindi, a ben vedere, i protagonisti principali della storia sono due, tanto Ken quanto la sua arte mortale. Il primo è l’immagine dell’eroe positivo, bello, solare, forte. La seconda è spietata, invincibile e misteriosa. Lo Yin e lo Yang.

Tali figure, sia per il loro essere degli archetipi così radicati a livello interculturale, sia per la loro natura di completamento e contrapposizione l’una dell’altra, non possono non affascinare il pubblico, il quale accoglie con entusiasmo il primo episodio pilota.

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Una delle primissime tavole dell’episodio pilota di Hokuto No Ken, in cui possiamo vedere Kenshiro dare sfoggio della sua tecnica mortale. In questa scena, l’autore cita il famoso Masutatsu Ōyama, maestro del Kyokushinkai Karate che si era guadagnato il soprannome di “Mano di Dio” per la sua capacità di sconfiggere gli avversari con un unico potente pugno e che riusciva ad abbattere un toro a mani nude, impresa che venne anche filmata nel 1954.

Un mondo violento

Ovviamente, Kenshiro e l’Hokuto Shinken non possono essere a loro agio se non in un mondo in preda ai malvagi e bisognoso di un giustiziere. Questo è infatti l’impianto narrativo sia del primo episodio che del successivo, pubblicato a giugno dello stesso anno. In entrambi, Ken affronta dei cospiratori provenienti dal Tempio del Taishan, anch’essi dotati di arti marziali micidiali, che mirano alla lenta ma inesorabile conquista del mondo. I due episodi ci mostrano un’ambientazione crudele e spietata in cui ogni speranza di salvezza sembra pura utopia: Forze dell’ordine corrotte, omicidi politici, assassini fortissimi, sopraffazione dei deboli…

Una realtà in cui solo Kenshiro ed il suo pugno hanno la possibilità di riportare la luce.

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Il settimanale Shonen Jump del 26 settembre 1983 con il primo episodio della serie regolare di Hokuto No Ken

Tutto questo, viene amplificato quando, a settembre, esordisce finalmente la serie regolare con il mitico Bronson alla sceneggiatura. Quest’ultimo, infatti, pur mantenendo gli elementi cardine appena descritti, li eleva all’ennesima potenza: Kenshiro viene “marchiato” con le famose sette cicatrici, divenendo ancor più accattivante; l’Hokuto Shinken viene ammantato ancor più di leggenda, allorché l’anziano del villaggio di Lin pronuncia la storica espressione “Dove appare Hokuto segue la sventura”; cosa più importante, l’ambientazione viene spostata nella barbarica era postatomica che tanto ha colpito l’immaginazione di Bronson alla visione del celebre film Mad Max 2. A questi ingredienti, l’abile ed ispirato Bronson riesce a miscelare sentimenti forti come l’amicizia, l’amore, l’odio, la sofferenza e, man mano che la storia procede, pesca a piene mani da miti e religioni per accrescere l’aura messianica di Kenshiro. Il racconto procede spedito, settimana dopo settimana, divenendo ben presto un vero fenomeno di vendite in Giappone. Oltre al protagonista, fanno il loro ingresso nella storia personaggi affascinanti e carismatici che restano scolpiti nella memoria dei fan: Shin, Rei, Jagi, Toki, Raoh, Shu, Souther, Juza, sono solo alcuni nomi del ricco pantheon di “amici e avversari” (強敵) che, a turno, si contenderanno un posto nel cuore di lettori. La vittoria più grande per Hokuto No Ken è in fondo proprio questa: Pur essendo un’opera incentrata sulle vicende di un singolo protagonista e quindi non corale come, ad esempio, Saint Seiya, i diversi personaggi hanno uno spessore tale da riuscire a mettere in ombra Kenshiro in più di un’occasione. Persino coloro che appaiono in maniera fugace come Laiga e Fuga, zia Toyo, Shiba, Shuren e molti altri, godono di una caratterizzazione meravigliosa e mai approssimativa o stereotipata.  Non dobbiamo poi dimenticare che questo grandioso lavoro svolto da Bronson procedeva di pari passo con l’evoluzione dello stile di Tetsuo Hara. I cambiamenti sono percepibili episodio dopo episodio e vediamo le tavole farsi sempre più ardite e particolareggiate. Hara, grande appassionato di cinema, riesce a catturare gli elementi e i personaggi del mondo della celluloide e renderli protagonisti della storia. Kenshiro, che inizialmente ha l’aspetto fisico molto simile a quello di Bruce Lee e l’espressività e i modi dell’attore Yusaku Matsuda, si trasforma divenendo prima il Mel Gibson di Mad Max 2, poi il Sylvester Stallone di Cobra e, infine, negli ultimi capitoli del manga, il Jean-Claude Van Damme  di Senza Esclusione di Colpi!

Anche gli altri personaggi ricevono lo stesso trattamento e perfino l’ambiente circostante e le architetture risentono dell’ispirazione che Hara trae non solo dal già più volte citato Mad Max 2, ma anche da film come Star Wars, Alien, Indiana Jones e il Tempio Maledetto, Terminator, Conan il Barbaro, oppure da noti wrestler com i mitici Legion of Doom e Hulk Hogan, o ancora da musicistii come i Kiss, David Bowie e Boy George. Insomma, Hokuto No Ken si presenta sia profondissimo a livello di contenuti grazie al lavoro di Bronson, sia come vero e proprio “manuale” della cultura pop degli anni ’80 per via dei tali e tanti elementi visivi che Hara riesce ad inserirvi.

Bronson e Tetsuo Hara ai nostri microfoni

Bronson e Tetsuo Hara ai nostri microfoni

Il culmine del successo: La serie televisiva storica e il film d’animazione

Mentre Hara e Bronson lavorano a ritmi serrati per sfornare un episodio a settimana del loro capolavoro, negli studi della Toei Animation si decide che non è possibile ignorare il successo di Hokuto No Ken. Bisogna assolutamente realizzarne un anime! Ma a chi affidare un incarico così difficile? Se per la regia degli episodi non è difficile tirare in ballo Toyoo Ashida, d’altro canto, per quello che riguarda l’animazione, si presenta un problema non da poco: Questo manga ha uno dei suoi maggiori punti di forza nell’impatto trasmesso dal potente tratto di Hara, tratto impossibile da replicare in un prodotto d’animazione seriale.

E’ qui che entra in gioco l’uomo che, con il suo genio e la sua bravura, è riuscito a trasformare Hokuto No Ken in un successo mondiale: Masami Suda. Forgiato da anni di servizio presso gli studi della Tatsunoko, il nostro eroe si rimbocca le maniche e, grazie ad un character design dinamico e a tutt’oggi imbattuto, grazie a intuizioni magnifiche riguardo la censura delle scene più violente, grazie soprattutto a lunghe nottate di straordinari assieme agli altri membri dello studio, porta a casa sì il più grosso successo della sua carriera, ma anche una vera e propria pietra miliare per l’animazione Giapponese in TV, un punto di riferimento che nessuno riuscirà mai a scalfire. Inutile negare che, anche in Italia, il vero successo di Hokuto No Ken dipende essenzialmente da “Ken il guerriero” ,  l’edizione italiana dell’anime. Il manga arriva infatti da noi, quasi come scelta obbligata, solo dopo,  negli anni ’90, come primissimo esperimento da parte della Granata Press.

Non contento di questo, il mitico Suda realizza ciò che può essere considerato a tutti gli effetti la “perfetta visione” di Hokuto No Ken in animazione: il film animato del 1986. In esso, fatta salva la trama, semplificata ma non per questo meno profonda o calzante, ci troviamo di fronte alla summa vera e propria di tutto ciò che Hokuto No Ken è, è stato e sempre sarà. Animazioni perfette, combattimenti spettacolari e sanguinolenti, colonna sonora che si sposa meravigliosamente ad ogni singola scena, il tema del paradiso perduto, solo abbozzato nel manga, meglio descritto nella serie TV e qui completamente sviscerato nella magnifica sequenza iniziale. Di fatto, tali livelli di eccellenza, nelle produzioni legate all’universo di Hokuto, non sono stati più raggiunti da allora.

Esplosioni di pixel: Kenshiro e l’Hokuto Shinken tra i circuiti di silicio

Un capitolo a parte meritano i videogames dedicati a Ken. Nel corso del tempo quasi ogni sistema videoludico ha avuto un titolo che pretendeva di restituire ai giocatori le stesse sensazioni del manga e dell’anime. Per questo motivo, abbiamo potuto rivivere le avventure di Kenshiro in tutte le salse: giochi di ruolo, picchiaduro, avventure grafiche, fumetti interattivi, strani cabinati arcade da subissare di cazzottoni, giochi per telefonini, slot machines, typing games… ecc. ecc…

L’ultimo arrivato, in ordine di tempo, è Shin Hokuto Musou (Fist of the North Star Ken’s Rage 2), picchiaduro prodotto da Koei, di cui ci siamo occupati nei minimi dettagli negli scorsi mesi e sul quale, proprio per questo, non mi dilungherò oltre, se non per ribadire che no, nonostante siano passati trent’anni nessuno è ancora riuscito davvero a farci rivivere le stesse identiche sensazioni del manga e dell’anime, forse ci tocca attendere ancora 😉

Tutto il resto…

Nel 1996, ad otto anni dalla conclusione del manga, Bronson e Hara tornano insieme per un romanzo che vede Kenshiro tornare a combattere. Il titolo è Jubaku No Machi, la Città Stregata. Questo racconto inedito segna in qualche modo un ritorno di fiamma per l’universo di Hokuto e i due autori iniziano a muoversi per riappropriarsi dei loro personaggi e poterli gestire autonomamente, tanto su carta quanto in animazione. Nel 2001, Hara inizia a pubblicare Souten No Ken, la storia di un Kenshiro che visse nella Shangai degli anni ’30. Poi, in coincidenza con il ventesimo anniversario della serie, nel 2003 vengno lanciati 3 OAV dal titolo Shin Hokuto No Ken (“Il Nuovo Hokuto No Ken”), basati proprio sulla trama e sui personaggi del romanzo del ’96. Sia nel titolo che nelle intenzioni, questo sarebbe dovuto davvero essere un nuovo inizio per Ken, ma si è rivelato un grosso passo falso, tanto che solo 3 anni dopo, lo stesso team decide di dar vita ad un nuovo progetto, denominato“Shin Kyuseishu Densetsu” (la Nuova Leggenda del Salvatore). Stavolta le cose sono fatte in grande: Una serie di 3 film cinematografici, due OAV, svariati manga spin-off, merchandise, e molto altro ancora. Tutti progetti che servono ad accompagnare i fan al 2008, anno del venticinquennale di Ken.

E giungiamo a noi, a questo 2013 iniziato un po’ così, tra manga spin-off un po’ inutili come Kin’yoku No Garuda e serie parodistiche come DD Hokuto No Ken che speriamo siano solo l’antipasto di un piatto ben più ricco di iniziative. Nel frattempo, appurato che gli anni migliori di Ken e dell’Hokuto Shinken non torneranno più se non nei nostri ricordi (magari con l’ausilio della rilettura del manga originale o la visione dell’anime storico), possiamo comunque esser contenti dle fatto che nel 2013 siamo ancora qui a parlare di una serie così bella che ancora tanto ha da insegnare alle nuove generazioni.

In più, se quest’articolo vi ha messo un po’ di nostalgia, potete anche unirvi a noi nell’iniziativa Thirty Years of Battles, rivolta a tutti i fan di Hokuto No Ken che hanno voglia di dedicare un loro personale tributo alla serie nell’arco del 2013. In molti hanno già aderito, voi cos’aspettate? 🙂

6 risposte a “Kenshiro e la Divina Scuola di Hokuto – Trent’anni di battaglie e mito

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